La sostenibilità nella moda è molto più di un trend

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Mentre l’industria della moda, colpita dalla crisi COVID-19, si sta ri-organizzando verso una “nuova normalità” i gusti dei consumatori sono già cambiati. E’ emerso dal sondaggio, condotto da McKinsey su oltre 2000 consumatori europei, che il mercato si è sensibilizzato nei confronti del tema sostenibilità ambientale e si aspetta che gli attori della moda agiscano in modo responsabile e considerino gli impatti sociali e ambientali delle loro attività. Riassumiamo brevemente i preziosi dati raccolti in questo sondaggio per avere una fotografia dell’atteggiamento dei consumatori nei confronti del sistema abbigliamento.

 

I consumatori si aspettano che gli attori della moda considerino gli impatti sociali e ambientali delle loro attività

Tra lo shock e l’incertezza che il settore della moda sta affrontando durante la crisi COVID-19, c’è un risvolto positivo per l’ambiente: ben due terzi dei consumatori intervistati affermano che sia diventato ancora più importante limitare gli impatti sui cambiamenti climatici. Inoltre, l’88% degli intervistati ritiene che si dovrebbe prestare maggiore attenzione alla riduzione dell’inquinamento.
Il 57% dei consumatori intervistati ha apportato modifiche significative al proprio stile di vita per ridurre il proprio impatto ambientale e oltre il 60% dichiara di aver fatto di tutto per riciclare e acquistare prodotti in imballaggi ecologici.

 

La moda sostenibile sta diventando parte di un movimento più ampio, guidato dall’attivismo

Come indicatore della crescente preoccupazione dell’opinione pubblica sull’argomento, le ricerche su Internet di “moda sostenibile” sono triplicate tra il 2016 e il 2019. Gli accessi all’hashtag #sustainablefashion di Instagram sono quintuplicati tra il 2016 e il 2019 sia negli Stati Uniti che in Europa. La moda sostenibile sta diventando parte di un movimento più ampio, guidato, in parte, dalla preoccupazione, dall’attivismo e dal crescente potere di spesa dei consumatori della generazione Z.

 

Come l’industria della moda sta contribuendo al cambiamento climatico

Secondo una ricerca della United Nations Framework Convention on Climate Change, le emissioni totali di gas a effetto serra dalla produzione tessile ammontano a 1,2 miliardi di tonnellate ogni anno, più di tutti i viaggi aerei e marittimi messi insieme, e continuerà a peggiorare. Esperti di tutto il mondo prevedono che se l’industria continuerà su questa traiettoria, entro il 2030 le emissioni di Co2 della produzione tessile aumenteranno di oltre il 60% (e stiamo parlando solo della produzione). All’altra estremità del ciclo di vita troviamo le discariche. Solo negli Stati Uniti questi punti vengono riempiti con 21 miliardi di libbre di tessuti ogni anno e la maggior parte non si decomporrà mai, perché molti dei materiali e delle fibre moderne contengono plastica.

 

Inoltre, l’industria risente già degli effetti del cambiamento climatico nelle diverse fasi del flusso di lavoro. La scarsità d’acqua, la diminuzione della biodiversità e gli ecosistemi a rischio di estinzione hanno già un impatto sul modo in cui gli indumenti sono progettati e prodotti e l’impatto diventerà solo maggiore con il tempo.

 

Approvvigionamento sostenibile

La richiesta di sostenibilità da parte dei consumatori è in aumento. Il problema principale è che non esiste uno standard industriale comune e oggettivo sull’approvvigionamento sostenibile. Le aziende di abbigliamento devono definire un solido programma di sostenibilità che affronti le questioni sociali e ambientali e fornirlo rapidamente e su vasta scala.
Un’analisi McKinsey pubblicata da EDITED mostra che le aziende di abbigliamento hanno ancora molta strada da fare per soddisfare la domanda di sostenibilità. L’analisi ha analizzato i prodotti di moda lanciati in 235 negozi online di marchi e rivenditori in Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti nella prima metà del 2019. La ricerca ha rilevato che, tra i marchi di abbigliamento e i rivenditori di massa, solo l’1% dei nuovi prodotti lanciati in questo periodo sono stati etichettati come “sostenibili” nei negozi online, ma quell’offerta è quintuplicata dal 2017.

 

Data la crescente attenzione dei consumatori e delle normative sull’argomento, la sostenibilità è vista sempre più come un vantaggio competitivo nel settore dell’abbigliamento

Ciò pone la sostenibilità al centro dell’agenda C-suite: più della metà dei dirigenti del sourcing nel sondaggio McKinsey del 2019 ha infatti convenuto che l’approvvigionamento sostenibile sia nell’agenda dei CEO delle loro aziende. In Europa, il 70% delle aziende concordava pienamente sul fatto che l’approvvigionamento responsabile e sostenibile fosse nelle agende dei CEO, rispetto a solo il 35% delle aziende nordamericane.

 

 

Il 56% dei CPO concorda sul fatto che l’approvvigionamento sostenibile è considerato una parte strategica chiave del fare affari, come risulta evidente dalla sua posizione come priorità assoluta nell’agenda dei CEO di oggi

 

 

Le innovazioni che guideranno l’approccio sostenibile nel sistema abbigliamento da qui al 2025

Il sondaggio McKinsey ai CPO del 2019 suggerisce che il sourcing sostenibile ha il potenziale per rivoluzionare il settore in modo significativo, guidato da innovazioni in tecnologia, standard, processi, materiali e comunicazione. Le tecnologie CAD 3D oggi permettono una sostituzione quasi completa della prototipia reale con quella virtuale. Il fitting è cosi realistico che consente di prendere decisioni in modo veloce grazie alla tecnologia 3D, così come la visualizzazione istantanea di tutte le varianti colore o modello.
Lo sbalorditivo 83% degli intervistati crede che i campioni fisici saranno utilizzati meno spesso dei campioni virtuali entro il 2025.

 

Il 3D per cambiare il mondo, un capo alla volta

Il numero annuo dei prototipi che vengono realizzati dalle aziende di moda in fase di progettazione è altamente impattante sia in termini economici che di sostenibilità: in media vengono prodotti dai 4 ai 7 prototipi per ogni capo di ciascuna collezione immessa sul mercato.

Questo comporta, oltre che ad una dilatazione dei temi di time-to-market, anche un enorme spreco di materiali ed energia. Le tecnologie 3D possono rispondere all’esigenza delle case di moda di ottenere una produzione più sostenibile perché consentono di eliminare quasi tutti i prototipi prodotti sostituendoli con fedelissime copie virtuali, indossate da avatars 3D con le stesse misure e caratteristiche degli abituali indossatori.